Come è nata la guerra in Ucraina?
In breve:
Per capire come si è arrivati alla guerra in Ucraina, dobbiamo partire dal 2014, e anche da prima. Nei primi anni 2000, l'Ucraina era un paese indipendente e neutrale, e voleva rimanere tale, senza schierarsi né con la Russia né con la NATO. Nel 2004, elegge presidente Viktor Janukovich, un uomo che, come molti ucraini, voleva mantenere la neutralità. Tuttavia, nel 2010, viene rieletto, anche se la situazione si complica, poiché gli Stati Uniti spingevano per l'ingresso dell'Ucraina nella NATO.
Nel 2013, Janukovich si trova di fronte a una scelta difficile: l'Unione Europea gli offre un accordo commerciale che potrebbe avvicinare l'Ucraina all'Europa, mentre Putin propone un'unione economica con la Russia, la Bielorussia e il Kazakistan. Janukovich, pur interessato all'accordo con l'Europa, cede alla proposta russa, congelando la firma con Bruxelles. Questo atto scatena nuove proteste in piazza Maidan, supportate da forze filo-occidentali, che si trasformeranno in una vera e propria rivolta.
A dicembre, Janukovich cerca di fare un passo indietro, mettendo in pausa l'accordo con la Russia e aprendo al dialogo con l'Unione Europea. Ma la protesta non si ferma: ora l'obiettivo non è più l'accordo con l'Europa, ma la cacciata di Janukovich. Il 15 dicembre, la protesta è sempre più intensa, con politici americani che si uniscono alla piazza e intervengono direttamente nella situazione. Un'intercettazione telefonica tra Victoria Nuland, inviata di Obama e Biden, e l'ambasciatore americano in Ucraina, Pajat, rivela che gli Stati Uniti avevano già deciso di rovesciare Janukovich e di mettere al suo posto un nuovo governo, sostenuto da loro. L'Europa, secondo Nuland, è irrilevante.
Il 21 febbraio 2014, Janukovich raggiunge un accordo con l'opposizione grazie alla mediazione di Russia, Francia, Germania e Polonia, ma la piazza chiede ormai la sua testa. I manifestanti, in gran parte sostenuti da gruppi di estrema destra, assaltano i palazzi governativi e si verificano scontri violenti, con la morte di oltre cento persone. Il 22 febbraio, Janukovich scappa in Russia, e il 23 febbraio, i leader dell'opposizione prendono il controllo del Parlamento e nominano un nuovo governo.
Nel sud e nell'est del paese, però, le persone non accettano il nuovo governo, soprattutto le regioni filorusse. Queste aree sentono di essere state defraudate e scendono in piazza per protestare. Inizia così una guerra civile, con il governo di Kiev che risponde con la forza. Le milizie sostenute dagli oligarchi ucraini, e in parte dalla NATO, combattono contro le forze separatiste del Donbass, nel sud-est del paese. Nel frattempo, la Crimea dichiara l'indipendenza e, con l'appoggio della Russia, organizza un referendum che si conclude con una netta richiesta di adesione alla Russia. Nonostante l'Occidente non riconosca questa annessione, la Russia occupa la Crimea senza scontri.
A partire dal maggio 2014, le due regioni del Donbass, Donetsk e Lugansk, proclamano la loro indipendenza, ma il governo ucraino le attacca militarmente. Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna iniziano a fornire supporto all'esercito ucraino. Le elezioni presidenziali del 25 maggio 2014 vedono vincere Petro Poroshenko, un oligarca favorevole all'Occidente, ma le tensioni non si placano. Il suo governo promette di reprimere le regioni russofone e si allea con le forze di estrema destra.
Nel 2015, nonostante la firma degli accordi di Minsk II per il cessate il fuoco e la riforma costituzionale, il governo ucraino continua a violare gli accordi, rifiutandosi di dare autonomia al Donbass. La violenza non si ferma e, anzi, il governo di Kiev intensifica i bombardamenti sulla popolazione civile del Donbass, causando migliaia di morti.
Nel 2022, la Merkel e Hollande ammettono che gli accordi di Minsk erano stati una trappola per guadagnare tempo, permettendo all'Ucraina di prepararsi militarmente per una futura guerra. Questo lungo periodo di violenze e violazioni dei diritti ha portato, infine, alla guerra totale che stiamo vivendo oggi.
Nel 2013, Janukovich si trova di fronte a una scelta difficile: l'Unione Europea gli offre un accordo commerciale che potrebbe avvicinare l'Ucraina all'Europa, mentre Putin propone un'unione economica con la Russia, la Bielorussia e il Kazakistan. Janukovich, pur interessato all'accordo con l'Europa, cede alla proposta russa, congelando la firma con Bruxelles. Questo atto scatena nuove proteste in piazza Maidan, supportate da forze filo-occidentali, che si trasformeranno in una vera e propria rivolta.
A dicembre, Janukovich cerca di fare un passo indietro, mettendo in pausa l'accordo con la Russia e aprendo al dialogo con l'Unione Europea. Ma la protesta non si ferma: ora l'obiettivo non è più l'accordo con l'Europa, ma la cacciata di Janukovich. Il 15 dicembre, la protesta è sempre più intensa, con politici americani che si uniscono alla piazza e intervengono direttamente nella situazione. Un'intercettazione telefonica tra Victoria Nuland, inviata di Obama e Biden, e l'ambasciatore americano in Ucraina, Pajat, rivela che gli Stati Uniti avevano già deciso di rovesciare Janukovich e di mettere al suo posto un nuovo governo, sostenuto da loro. L'Europa, secondo Nuland, è irrilevante.
Il 21 febbraio 2014, Janukovich raggiunge un accordo con l'opposizione grazie alla mediazione di Russia, Francia, Germania e Polonia, ma la piazza chiede ormai la sua testa. I manifestanti, in gran parte sostenuti da gruppi di estrema destra, assaltano i palazzi governativi e si verificano scontri violenti, con la morte di oltre cento persone. Il 22 febbraio, Janukovich scappa in Russia, e il 23 febbraio, i leader dell'opposizione prendono il controllo del Parlamento e nominano un nuovo governo.
Nel sud e nell'est del paese, però, le persone non accettano il nuovo governo, soprattutto le regioni filorusse. Queste aree sentono di essere state defraudate e scendono in piazza per protestare. Inizia così una guerra civile, con il governo di Kiev che risponde con la forza. Le milizie sostenute dagli oligarchi ucraini, e in parte dalla NATO, combattono contro le forze separatiste del Donbass, nel sud-est del paese. Nel frattempo, la Crimea dichiara l'indipendenza e, con l'appoggio della Russia, organizza un referendum che si conclude con una netta richiesta di adesione alla Russia. Nonostante l'Occidente non riconosca questa annessione, la Russia occupa la Crimea senza scontri.
A partire dal maggio 2014, le due regioni del Donbass, Donetsk e Lugansk, proclamano la loro indipendenza, ma il governo ucraino le attacca militarmente. Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna iniziano a fornire supporto all'esercito ucraino. Le elezioni presidenziali del 25 maggio 2014 vedono vincere Petro Poroshenko, un oligarca favorevole all'Occidente, ma le tensioni non si placano. Il suo governo promette di reprimere le regioni russofone e si allea con le forze di estrema destra.
Nel 2015, nonostante la firma degli accordi di Minsk II per il cessate il fuoco e la riforma costituzionale, il governo ucraino continua a violare gli accordi, rifiutandosi di dare autonomia al Donbass. La violenza non si ferma e, anzi, il governo di Kiev intensifica i bombardamenti sulla popolazione civile del Donbass, causando migliaia di morti.
Nel 2022, la Merkel e Hollande ammettono che gli accordi di Minsk erano stati una trappola per guadagnare tempo, permettendo all'Ucraina di prepararsi militarmente per una futura guerra. Questo lungo periodo di violenze e violazioni dei diritti ha portato, infine, alla guerra totale che stiamo vivendo oggi.
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