Pensare è resistere

Ogni giorno, osservo il mondo da quella finestra che è la mia esistenza e vedo sempre lo stesso muro. Un muro che cresce, si alza, si erige con una precisione inquietante, costruito con mani esperte da chi teme l’individualità, da chi tenta di soffocare ogni scintilla di originalità, riducendo l’essere umano a un ingranaggio in una macchina ben oliata. È un muro solido, formato da stereotipi, convenzioni sociali, dogmi che intrappolano la mente e l’anima, cercando di riscrivere il nostro destino. Eppure, giorno dopo giorno, non posso fare a meno di sentire il bisogno di sfidarlo.
Mi dicono che dovrei conformarmi, che dovrei abbracciare la praticità, la disciplina del successo che si misura in numeri e risultati tangibili. La società ha il volto soddisfatto di chi ha raggiunto l’apice, di chi ha scolpito il proprio corpo o costruito un impero pezzo dopo pezzo, attraverso metodi razionali e risultati facilmente quantificabili. Questi sono gli eroi che vengono celebrati, quelli che vengono esaltati come modelli di vita, mentre chi si perde nei sogni, nell’arte o nella riflessione profonda viene deriso, ignorato, spinto ai margini. Eppure, non posso fare a meno di ricordare le parole di Nietzsche: "Chi combatte con i mostri deve guardarsi bene dal non diventare egli stesso un mostro. E se guardi a lungo in un abisso, l’abisso guarderà dentro di te." La società ci impone di diventare quel che detestiamo, di assecondare un sistema che ci spinge alla conformità, mentre la nostra stessa umanità sembra diluirsi in un mare di mediocrità.
Ma io non posso accettare questa visione, non posso piegarmi alla verità così misurata. Perché ciò che è concreto, ciò che si tocca e si possiede, non è la sola realtà che conta. Fumare una sigaretta, scrivere una poesia, interrogarsi sul senso dell’esistenza: sono atti che la società considera frivoli, inutili, trascurabili. Ma io credo che siano l’essenza stessa della libertà, l’espressione più pura di un’anima che rifiuta le catene invisibili imposte dalla convenienza. L’artigiano moderno non è più solo colui che lavora il ferro o modella la terra. L’artigiano del nostro tempo è chi forgia idee, chi plasma il futuro attraverso il pensiero, attraverso la parola. La libertà vera è una scultura dell’intelletto. "La vera libertà è la possibilità di scegliere ciò che si è", diceva Sartre. E in quella scelta, nella tensione continua tra ciò che siamo e ciò che vorremmo essere, si nasconde il senso di ogni esistenza.
La libertà non si ottiene con facili scorciatoie, non si conquista con le pozioni magiche dei manuali che promettono la fine della frustrazione, non nasce da soluzioni pronte all’uso. La vera libertà richiede costanza, forza, il coraggio di affrontare il peso delle sfide senza anestetici. Ma il mondo intorno a me è fatto di chi cerca rifugio nell'illusione: lo yoga, l’omeopatia, la chimica della felicità artificiale. Un rifugio che pare offrire una via d’uscita, ma in realtà non fa altro che edulcorare la verità. La verità che fa paura. La verità che nessuno vuole affrontare. E come disse Kafka: “Non siamo mai più liberi che nel momento in cui siamo ridotti a nulla.” La vera libertà risiede nella nostra capacità di confrontarci con la nudità della nostra esistenza, senza veli, senza scappatoie.
E tu... tu sei nata a settembre, un’anima inquieta, perennemente sospesa tra contraddizioni irrisolte. Desideri la purezza, ma cerchi la trasgressione, hai paura del conosciuto e al contempo sei irrimediabilmente attratta dall’ignoto. Ti barcameni, cadi e ti rialzi, nel tentativo vano di colmare un vuoto che non smette mai di espandersi. Il passato ti ha plasmato, eppure lo rinneghi, lo scarti come un indumento che non ti appartiene più. Ma ti vedo, in quella disperata ricerca di un rifugio, in un perpetuo peregrinare verso qualcosa che forse non esiste. Mi vedo spezzato nella tua condanna, nella tua continua caccia al miraggio.
Eppure, non posso permetterti di ignorare la realtà, quella che ti assedia, che ti costringe a guardarti allo specchio e a fare i conti con le tue scelte. Ti inchiodo alle tue stesse convinzioni, a quelle stesse rovine che hai abbandonato con un disprezzo sussurrato. Ti vedo smarrita, sperduta in una ricerca che si trascina, incapace di afferrare un appiglio che ti salvi da quella spirale. E questa è la tua maledizione: la caccia incessante a un sogno irraggiungibile, a un destino che non esiste se non nel tuo cuore inquieto. Come disse Camus: “L’assurdo nasce da questa confrontazione tra l’appello umano e il silenzio irragionevole del mondo.” La tua ricerca è, in fondo, la nostra ricerca. È la lotta tra il desiderio di trovare un senso e il vuoto che il mondo ci offre.
Non accetterò questa narrazione imposta, non mi arrenderò alla logica di chi mi dice cosa sia giusto o sbagliato, di chi cerca di plasmare il mio destino. Ognuno ha il diritto di riscrivere il proprio cammino, di seguire sogni che la società definisce irraggiungibili, di sfidare la corrente, anche se la paura di affondare ci tiene ancorati a terra. La libertà, quella vera, è il coraggio di pensare con la propria testa, di rifiutare le scorciatoie e di affrontare la vita, la sofferenza, le illusioni, senza cedere alla tentazione di nascondersi.
La mia battaglia è quella di abbattere il muro dell’uniformità, di sfidare chi cerca di appiattire ogni singola individualità. È un invito a non accontentarsi, a non rinunciare alla ricerca, a non rifugiarsi nelle comode menzogne, ma a proseguire, sempre, anche quando il cammino sembra senza fine. Forse, alla fine, ci sarà qualcosa. Forse no. Ma anche nel vuoto, c’è ancora la possibilità di trovare un senso. Perché, in fondo, è la ricerca stessa che dà valore all’esistenza. Come diceva Beckett: “Prova. Fallisci. Riprova. Fallisci meglio.” Forse il fallimento è solo una tappa della nostra ricerca, un segno che siamo vivi, che siamo ancora in cammino.
Nel profondo di questa lotta, c’è una speranza nascosta. La speranza che il muro possa essere abbattuto, che le ombre possano finalmente dissolversi. E se non dovesse accadere, se il cammino ci porterà in luoghi di desolazione, forse la bellezza risiede proprio nella continua ricerca, nell'abilità di cercare anche quando non troviamo nulla. La speranza, dopo tutto, non è nella certezza, ma nella persistente volontà di cercarla.

Commenti

Post popolari in questo blog

II mondo ambidestro

Chi ha letto Pinocchio?

Genitore 1 batte Padre e Madre 3 a 0: cronaca di una disfatta semantica