Meloni da Trump: trattare in piedi, uscire piegati
La giornata di Donald Trump si è aperta con il solito tocco non da gentleman dell’Ottocento... se per “gentleman” intendiamo un giocatore di football. Nessun riguardo diplomatico, zero filtro verbale. Poi, come spesso accade con lui, la sceneggiatura vira bruscamente: da minacce a pioggia a una moratoria di 90 giorni sui dazi. Un gesto di clemenza, certo, ma solo per chi non risponde al nome di “Cina”.
Nel frattempo, in Europa, ci si affanna a tenere la testa alta mentre ci si tasta la schiena per verificare quanto sia dritta davvero. Un ministro, con l’entusiasmo di un portavoce del cerimoniale, assicura che la premier italiana, prossima al faccia a faccia con il patriarca del protezionismo, manterrà la dignità eretta. Difficile, però, non notare l’ambiguità semantica della posizione suggerita, specie quando l’interlocutore d’oltreoceano utilizza espressioni da western da terza serata.
Certo, l’annuncio della moratoria rende il viaggio diplomaticamente meno imbarazzante. Ma più che una strategia, pare un favore personale. E nel mezzo di questo valzer di dichiarazioni e marce indietro, i mercati fanno esattamente ciò che ci si aspetterebbe da loro: impazziscono. Alcuni titoli americani legati all’import-export decollano a razzo pochi minuti dopo la pubblicazione di un laconico post sui social del tycoon, nel quale suggeriva agli americani di “investire sull’America”. Come se avesse letto il copione del giorno dopo.
Pochi si sono sorpresi quando, subito dopo l'annuncio della sospensione dei dazi, le borse hanno reagito con un entusiasmo degno del veglione di Capodanno, registrando un’impennata improvvisa. Strano solo che certi fondi fossero già posizionati alla perfezione. Nulla di penalmente rilevante, per carità. Solo fortuna, lungimiranza… e forse una cabina telefonica con macchina del tempo annessa.
L’Europa, nel frattempo, prosegue il suo cammino come un coro greco senza regista: disunita, afona e colta di sorpresa da ciò che era scritto nei muri già dagli anni ’80. La Cina, dal canto suo, risponde con prontezza. Difficile sorprendere un Paese che considera lo stratega Sun Tzu come lettura da comodino.
Così la premier italiana si muove tra due fuochi: un’Europa evanescente e un’America schiacciata sul culto del capo. Esattamente il mondo ideale per chi ama trattare da solo con i singoli, dividere per comandare, e magari ottenere anche un applauso.
Quanto a Trump, pretendere coerenza sarebbe come aspettarsi compostezza da una valanga. Il suo stile è quello del prestigiatore ubriaco: lo guardi a destra, appare a sinistra. Lo aspetti con un piano, ti arriva con una sassata. E nel frattempo, mentre il mondo rincorre le sue giravolte, qualcuno — con impeccabile tempismo — ne approfitta per giocare in borsa come se avesse letto il futuro sul fondo del bicchiere… di qualcun altro.
Nel frattempo, in Europa, ci si affanna a tenere la testa alta mentre ci si tasta la schiena per verificare quanto sia dritta davvero. Un ministro, con l’entusiasmo di un portavoce del cerimoniale, assicura che la premier italiana, prossima al faccia a faccia con il patriarca del protezionismo, manterrà la dignità eretta. Difficile, però, non notare l’ambiguità semantica della posizione suggerita, specie quando l’interlocutore d’oltreoceano utilizza espressioni da western da terza serata.
Certo, l’annuncio della moratoria rende il viaggio diplomaticamente meno imbarazzante. Ma più che una strategia, pare un favore personale. E nel mezzo di questo valzer di dichiarazioni e marce indietro, i mercati fanno esattamente ciò che ci si aspetterebbe da loro: impazziscono. Alcuni titoli americani legati all’import-export decollano a razzo pochi minuti dopo la pubblicazione di un laconico post sui social del tycoon, nel quale suggeriva agli americani di “investire sull’America”. Come se avesse letto il copione del giorno dopo.
Pochi si sono sorpresi quando, subito dopo l'annuncio della sospensione dei dazi, le borse hanno reagito con un entusiasmo degno del veglione di Capodanno, registrando un’impennata improvvisa. Strano solo che certi fondi fossero già posizionati alla perfezione. Nulla di penalmente rilevante, per carità. Solo fortuna, lungimiranza… e forse una cabina telefonica con macchina del tempo annessa.
L’Europa, nel frattempo, prosegue il suo cammino come un coro greco senza regista: disunita, afona e colta di sorpresa da ciò che era scritto nei muri già dagli anni ’80. La Cina, dal canto suo, risponde con prontezza. Difficile sorprendere un Paese che considera lo stratega Sun Tzu come lettura da comodino.
Così la premier italiana si muove tra due fuochi: un’Europa evanescente e un’America schiacciata sul culto del capo. Esattamente il mondo ideale per chi ama trattare da solo con i singoli, dividere per comandare, e magari ottenere anche un applauso.
Quanto a Trump, pretendere coerenza sarebbe come aspettarsi compostezza da una valanga. Il suo stile è quello del prestigiatore ubriaco: lo guardi a destra, appare a sinistra. Lo aspetti con un piano, ti arriva con una sassata. E nel frattempo, mentre il mondo rincorre le sue giravolte, qualcuno — con impeccabile tempismo — ne approfitta per giocare in borsa come se avesse letto il futuro sul fondo del bicchiere… di qualcun altro.
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