Suffragette o Suffragati: lotta o scappatoia


Il femminismo non è solo una battaglia di genere; è una causa universale, che riguarda l’intera umanità e ogni individuo che crede in una società fondata sull’equità e sul rispetto. Fin dai suoi albori, il femminismo ha rappresentato una forza dirompente, una lotta necessaria per ridefinire i concetti di giustizia, libertà e dignità. Non si trattava di una battaglia per il potere, ma di un movimento per riconoscere i diritti, la voce e il valore della donna, ingiustamente esclusa da molti aspetti della vita sociale, culturale e politica. Ogni conquista femminista ha rappresentato un passo cruciale nella costruzione di una società più giusta e inclusiva, dove la differenza di genere non diventa una limitazione ma una ricchezza.


Le prime radici del movimento femminista risalgono alla fine del XVIII secolo, con figure come Mary Wollstonecraft, la cui opera “A Vindication of the Rights of Woman” (1792) costituì uno dei primi manifesti femministi (lettura che consiglio, a tutti). Wollstonecraft chiedeva pari diritti nell’istruzione per le donne, affermando che, senza accesso al sapere, il loro potenziale sarebbe rimasto soffocato, a detrimento di tutta la società. Questo primo “femminismo intellettuale” seminò le basi di una consapevolezza nuova: le donne avevano diritti, intelligenza e dignità, e la loro voce doveva trovare un posto nello spazio pubblico.


Fu a cavallo tra il XIX e il XX secolo che il femminismo trovò la sua prima forma organizzata e attiva, con il movimento delle suffragette. In paesi come il Regno Unito e gli Stati Uniti, donne come Emmeline Pankhurst e Susan B. Anthony divennero simboli della lotta per il diritto di voto femminile. Le suffragette sfidarono le convenzioni sociali, subendo spesso arresti e violenze, ma alla fine riuscirono a ottenere il diritto di voto: una conquista che trasformò la percezione delle donne come cittadine a pieno titolo. Questo non fu solo un risultato legislativo, ma un’affermazione di dignità che aprì la strada per una serie di rivendicazioni successive, facendo del femminismo una forza sociale irrinunciabile.

Il ventesimo secolo portò una seconda ondata del femminismo, che ampliò l’agenda dei diritti femminili su temi cruciali come l’uguaglianza salariale, l’accesso all’istruzione superiore, e la libertà di decidere sul proprio corpo e la propria famiglia. Negli anni ’60 e ’70, movimenti in tutto il mondo chiesero non solo pari diritti, ma anche il riconoscimento di una realtà sociale dove le donne potessero essere libere dalle imposizioni culturali. Questo portò a riforme che cambiarono profondamente la società.

In Italia, le conquiste furono significative: la legge sul divorzio del 1970 e la legge sull’aborto del 1978 segnarono una svolta. Per la prima volta, alle donne fu riconosciuto il diritto di gestire la propria vita familiare e di decidere autonomamente riguardo alla maternità. Queste leggi simboleggiavano una liberazione dal controllo patriarcale, permettendo alle donne di scegliere per sé, senza dover subire imposizioni esterne o sociali. Negli anni successivi, la lotta contro le discriminazioni sul lavoro e contro la violenza domestica divenne una delle priorità del femminismo, con risultati che ancora oggi continuano a influenzare le politiche pubbliche e le leggi di molti paesi.

Oggi, il femminismo è diventato un movimento globale e ampiamente riconosciuto, ma con la diffusione sui social media e l’aumento della visibilità pubblica, si trova ad affrontare nuove sfide e rischi. Se da un lato molte delle battaglie storiche del femminismo hanno trovato un riconoscimento formale, come l’uguaglianza legale e il contrasto alle discriminazioni di genere, dall’altro si assiste a un fenomeno preoccupante: il termine “femminismo” viene sempre più spesso utilizzato in modo improprio, se non addirittura strumentalizzato per scopi personali.

Basta scorrere un qualunque social, come Facebook o Threads, per imbattersi in post o commenti che utilizzano la parola “femminismo” in contesti del tutto inappropriati. Un esempio diffuso è quello di chi, dopo una delusione sentimentale o una lite con un partner, decide di esprimere il proprio rancore generalizzando contro tutti gli uomini e appellandosi al femminismo come giustificazione per le proprie opinioni negative. Frasi come “Gli uomini sono tutti uguali” o “Questo è il motivo per cui non ci possiamo fidare di loro” vengono presentate come “denunce” contro un sistema patriarcale, quando in realtà sono sfoghi personali mascherati da posizioni femministe.

Questi atteggiamenti finiscono per sminuire e distorcere il significato autentico della lotta femminista. Quando il femminismo viene usato come una scusa per giustificare dissapori personali, problemi familiari o delusioni sentimentali, il movimento perde di credibilità. Diventa difficile distinguere le vere rivendicazioni per i diritti e la parità dalle lamentele personali. Il rischio è che la causa femminista, con il suo enorme valore storico e sociale, venga svuotata di significato, percepita come un insieme di proteste generiche e conflittuali, anziché come una lotta seria e concreta per la giustizia.


Un altro esempio riguarda l’uso del termine per giustificare atteggiamenti di rifiuto verso qualsiasi confronto con gli uomini, come se la causa femminista fosse per sua natura anti-maschile. Alcuni post e commenti online sostengono infatti che ogni opinione maschile su temi legati al femminismo sia automaticamente sospetta o irrilevante. Questo approccio è non solo controproducente, ma anche dannoso per il movimento stesso, perché esclude una parte della società che potrebbe sostenere attivamente la causa. Il femminismo, infatti, non nasce come un movimento contro gli uomini, ma come una rivendicazione di diritti e dignità. Sostenere che gli uomini non abbiano un ruolo nel dibattito o che le loro opinioni non contino è una posizione estrema e ingiustificata che rischia di alienare potenziali alleati e di creare ulteriori tensioni sociali.

Infine, molti utilizzano il termine “femminismo” per commentare questioni di conflitto sul lavoro o in ambito familiare, anche quando il contesto non riguarda la discriminazione di genere. Non è raro vedere persone che interpretano problematiche lavorative, come una promozione non ricevuta o un incarico sgradito, come atti di discriminazione di genere senza una reale base di supporto. Lo stesso avviene nelle dinamiche familiari, dove incomprensioni e difficoltà vengono attribuite al patriarcato in modo generico, senza analizzare le vere cause delle problematiche. Questo tipo di abuso non fa altro che banalizzare la portata del femminismo, trasformandolo in un capro espiatorio per ogni tipo di disaccordo, personale o professionale.


Per restituire al femminismo il rispetto che merita e per preservarne la credibilità, è essenziale utilizzare questa parola con la serietà e la consapevolezza che la sua storia impone. Chi desidera sostenere davvero questa causa deve farlo con un atteggiamento responsabile, evitando di banalizzarla con sfoghi personali o di farne un mezzo per attrarre consensi sui social. Il vero impegno femminista consiste nel rimanere fedeli ai valori fondamentali del movimento: la giustizia, l’uguaglianza e la dignità.

Essere autenticamente femministi significa avere il coraggio di affrontare i propri problemi personali senza confonderli con questioni collettive. Significa comprendere quando una battaglia è legata a dinamiche sociali di ingiustizia e quando, invece, si tratta di questioni che riguardano la responsabilità individuale. Il femminismo ha come obiettivo la trasformazione della società, non la divisione o il conflitto gratuito, e per questo è fondamentale che il movimento venga sostenuto con coscienza, evitando di farne un contenitore per ogni genere di protesta.

In conclusione, il femminismo non deve essere un’etichetta da apporre a qualsiasi forma di malcontento o risentimento, ma deve rimanere uno strumento di emancipazione e progresso per tutti. Chi vuole realmente portare avanti questa causa dovrebbe avere a cuore il suo vero significato: quello di una lotta per l’uguaglianza e per il rispetto delle differenze, non un mezzo per creare conflitti o per giustificare problemi privati.


L’impegno femminista oggi è più che mai necessario, ma deve fondarsi su azioni e obiettivi concreti, come il miglioramento delle condizioni di lavoro, la lotta contro la violenza di genere, l’accesso all’istruzione e alla sanità per tutte le donne, in ogni parte del mondo. Il femminismo ha un valore universale che va oltre le contingenze personali e oltre i confini geografici. Non si limita al diritto di chiudere conti privati o a difendere opinioni isolate; si tratta di un movimento che continua a spingere l’umanità verso un futuro di equità e rispetto per ogni individuo.

Un consiglio per chi si sente parte di questa battaglia è di ricordare sempre il valore storico del femminismo e di utilizzarlo per ispirare un impegno reale, basato su azioni significative. Essere femministi oggi significa saper ascoltare, costruire ponti, sensibilizzare e, soprattutto, dare l’esempio attraverso il rispetto, la tolleranza e la coerenza. Chi si appella al femminismo dovrebbe promuovere il dialogo, non la chiusura, e la collaborazione, non il conflitto. È solo così che il movimento potrà continuare a crescere e a rappresentare una forza positiva per il cambiamento.


L’obiettivo finale del femminismo non è quello di creare una società dominata da un genere sull’altro, ma una società dove ogni individuo, indipendentemente dal genere, possa vivere una vita degna, sicura e pienamente realizzata. Per raggiungere questo traguardo, è necessario riconoscere le difficoltà storiche e le disparità che le donne hanno dovuto affrontare, e continuare a lavorare insieme per abbattere le barriere ancora esistenti. Il femminismo è e deve rimanere un movimento per tutti coloro che credono nell’equità e nella giustizia, perché la dignità e i diritti di ogni essere umano sono la base di una società sana e rispettosa.

Solo così, mantenendo integro il significato e l’importanza di questa parola, il femminismo potrà continuare a essere una guida e un simbolo di speranza e progresso. Chi usa il termine con responsabilità e consapevolezza sa che dietro a esso c’è la storia di milioni di donne che hanno combattuto per conquistare diritti basilari e di ogni persona che oggi lotta per garantire un futuro libero dalle discriminazioni. Preservare questa eredità e portarla avanti con rispetto e coerenza è il compito di chiunque creda realmente nel valore del femminismo.


Fr.Ammenti





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