Cercare un nemico

Stanno normalizzando la guerra. La stanno ripulendo, rivestendo di parole rassicuranti, vendendola come fosse un investimento ragionevole. Ormai la guerra è diventata come una spesa extra sulla bolletta, una voce nel bilancio statale, una scelta tra cambiare auto o andare in ferie. E chi se ne frega se la Costituzione, nero su bianco, la ripudia. Quel “ripudiare” se lo stanno rigirando come vogliono, svuotandolo di senso, rendendolo un pezzo d’arredamento giuridico buono solo per le cerimonie. Sono tre anni che cercano di convincerci che preparare la guerra significa cercare la pace. È una bugia spacciata per buon senso, utile solo a chi la guerra la trasforma in carriera, potere e profitti.
Intanto ci rincoglioniscono. Vogliono farci digerire il riarmo come fosse una scelta tecnica, tipo decidere se ordinare sushi o pizza. Ci rifilano questa follia come se fosse il progresso: carri armati e pale eoliche, insieme nella vetrina del futuro europeo. E Ursula von der Leyen, con lo stesso entusiasmo di chi annuncia un bonus bebè, ci dice che “abbiamo messo il turbo all’industria della difesa”. Ottocento miliardi in armi. In un anno. E ce lo racconta con un sorriso. Ci stanno vendendo un arsenale come fosse una conquista civile. Guerra per la pace. Una truffa linguistica che funziona, perché il trucco è sempre lo stesso: invertire la logica, manipolare le parole.
Solo che nel mondo reale, nell’era delle armi nucleari, preparare la guerra non è dissuasione. È provocazione. La NATO l’ha dimostrato: espansione a est per vent’anni, fino a flirtare con Georgia e Ucraina, facendo finta di non sapere che ogni passo verso i confini russi è una dichiarazione di ostilità. Ma tutta questa “minaccia russa” è una favola ben costruita. Dopo l’89, la Russia non ha mai davvero mostrato ambizioni imperialiste verso l’Europa. E perché dovrebbe? È già uno Stato-mammut, pieno di risorse e svuotato di persone. Il vero problema russo è la demografia, non l’espansione. Chi, nel 2025, sogna di vivere sotto Putin? Neanche i russi, figuriamoci noi. E infatti, Mosca non ci ha mai visti come una minaccia. Finché non abbiamo fatto di tutto per sembrarlo.
E nel frattempo, chi si sta armando fino ai denti siamo noi. Ventisette eserciti europei, cento mila soldati americani di stanza, testate nucleari in giro come fossero bottiglie di prosecco. L’Europa spende già più della Russia in armamenti, e da trent’anni lo fa a un ritmo triplo. Ma a quanto pare non basta mai. Dobbiamo continuare a svuotare la scuola, la sanità, le pensioni. Per difenderci da cosa, esattamente?
Dicono che la Russia fatica a vincere in Ucraina, che è allo stremo, che è impreparata. E quindi? Davvero crediamo che voglia lanciarsi contro 32 eserciti NATO messi insieme? O Putin è un pazzo idiota… oppure ci stanno prendendo in giro. E visto che idiota non lo è, allora è chiaro chi stanno trattando da idioti: noi.
Perché questi miliardi, questi progetti titanici di armamenti, non cadono dal cielo. Vengono presi a forza dalla vita quotidiana della gente. Dalle scuole marce, dagli ospedali al collasso, dalle famiglie che non arrivano a fine mese. Quando la gente lo capirà davvero, servirà ben più di una conferenza stampa per calmarla. Forse arriveranno con i forconi. E stavolta non saranno metaforici.
E poi c’è la perla finale: il sondaggio. “Il 73% degli europei vuole il riarmo!” gridano i titoli. Ma chi lo legge bene scopre che solo il 39% sostiene il piano folle di von der Leyen. Un altro 34% vuole un incremento minimo. Il resto, quasi un terzo, non vuole nemmeno un euro in più, o addirittura chiede tagli. Ma loro impastano tutto, mischiano percentuali a caso e ci rifilano la solita narrativa da fiction.
La domanda del sondaggio? Un capolavoro di manipolazione: “Se gli Stati Uniti smettessero di difenderci, vorresti più armi?” È come chiedere: “Se domani la Terra smettesse di girare, vorresti un elmetto?” È una trappola semantica, un trucco da illusionisti politici.
Von der Leyen confonde la maggioranza degli yes-men europei con la volontà dei cittadini, che nessuno ha mai davvero ascoltato. Il suo piano non è mai passato da un voto democratico. È stato approvato a porte chiuse, usando una scappatoia legale pensata per vere emergenze. E oggi, quale Paese europeo è davvero sotto minaccia tale da giustificare tutto questo? Nessuno.
L’unica emergenza vera, a questo punto, è svegliarsi. E iniziare a chiamare le cose col loro vero nome. Anche se fa male.

Fr.Ammenti

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