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Visualizzazione dei post da aprile, 2025

Utopia evangelica e real politik

 Messaggio (ultimo) di Papa Francesco a Pasqua 2025:  "Nessuna pace è possibile senza un vero disarmo. L'esigenza che ogni popolo ha, di provvedere alla propria difesa, non può trasformarsi in una corsa generale al riarmo". Si è soliti liquidare le parole del Papa come il vaneggiamento di un idealista irrimediabilmente scollegato dalla realtà, un predicatore dell’utopia evangelica destinata alle “anime belle” che fluttuano a mezz’aria, lontane dalla fanghiglia della real politik. Poi, però, arriva la cronaca: l’incontro surreale nella navata centrale della Basilica tra Trump e Zelensky, la risposta glaciale di Putin, i negoziati infiniti sull’atomica iraniana, l’inattesa offerta di tregua quinquennale da parte di Hamas, il rilascio degli ostaggi. Ci si accorge che il vero realista era proprio lui, il Papa. Quel medesimo che veniva sminuito come un sognatore disarmato, un nostalgico dei Vangeli incapace di confrontarsi con l’oscenità geopolitica del presente. Eppure, le su...

Il teatrino del cambiamento

Oggi, mentre i riflettori si accendono su Piazza San Pietro, un evento di natura universale si trasforma nell'ennesimo spettacolo mediatico. Il funerale di Papa Francesco, nonostante l'apparente sacralità del rito, è la solita rappresentazione della finzione che ci trascina da secoli. Un Papa muore, e la gente si raduna, il mondo si ferma, i leader si accalcano per un’ora di visibilità sotto il cielo romano, ma la sostanza? La sostanza è che nulla cambierà. O almeno, nulla che davvero importi. La morte di Papa Francesco, a ben vedere, segna la fine di un’epoca, ma più che di un’epoca di fede, parliamo della fine di un’epoca di parole. Parole pronunciate da un uomo che, purtroppo per lui, ha finito per incarnare un'illusione più che un cambiamento. Francesco è stato l'icona della “Chiesa dei poveri”, del Papa che si avvicina ai temi sociali e alle periferie, ma a conti fatti, la sua Chiesa non ha fatto altro che rinsaldare il proprio potere su un impianto che, al di là d...

Dove le strade non hanno nome

È affascinante, eppure profondamente inquietante, come si possa determinare la religione e il reddito di una persona semplicemente conoscendo la via in cui abita, l’indirizzo diventa una diagnosi sociale, un’etichetta non richiesta, un marchio invisibile che comunica chi sei e cosa puoi aspettarti dalla vita, non tanto per ciò che fai, ma per dove dormi la notte. Questo meccanismo non è nuovo, ha radici antiche, già nell’antica Roma le classi sociali erano chiaramente distribuite nello spazio urbano, i patrizi abitavano nei colli, tra ville con vista e giardini privati, mentre i plebei si affollavano nelle insulae fatiscenti, dove il fuoco, le malattie e la miseria erano compagni quotidiani, era una geografia del privilegio, disegnata con precisione crudele. Nel Medioevo, la religione e la ricchezza si intrecciavano nei quartieri delle città europee, dove le comunità ebraiche venivano confinate nei ghetti, spesso murati e chiusi con cancelli durante la notte e, nel frattempo, i nobili ...

Aforismi pontifici tra ironia disarmante e sottile iconoclastia

Papa Francesco, al secolo Jorge Mario Bergoglio, argentino, gesuita, tifoso del San Lorenzo e con la faccia da zio che ti sgrida ma poi ti offre il mate, è stato senza dubbio uno dei più imprevedibili e disarmanti protagonisti della recente storia della Chiesa cattolica. Non tanto per quello che ha fatto, quanto per quello che ha detto, e soprattutto come l’ha detto. Niente latino da messa in tridentino, niente bolle papali sigillate in ceralacca, ma un argentino con l'accento da Boca Juniors che, tra una metafora e una stoccata, ti infilava una riflessione teologica come se fosse una battuta da bar. Prendiamo il famoso “Chi sono io per giudicare?”. Ecco, detto da un Papa, è come se il direttore dell’Agenzia delle Entrate dicesse: “Chi sono io per controllare?”. Una frase che ha fatto tremare i palazzi vaticani più delle invasioni barbariche. Perché non era solo un’apertura verso l’omosessualità, ma un modo elegante, troppo elegante per certi prelati, di dire: “Amici miei, forse ab...

L'ombra lunga di Francesco

Siamo ancora qui, con la memoria di questo volto, di questo nome, di una voce che sapeva farsi prossima, di una presenza che ha saputo abitare il nostro tempo. È passato solo un giorno. È retorico, scontato, persino inevitabile parlare oggi, di nuovo, di Papa Francesco, pur senza avere ancora un funerale, senza sapere chi verrà dopo. Ce lo siamo chiesti, lo abbiamo chiesto a chi, con Francesco, ha imparato a convivere. Prima, nei silenzi delle stanze vaticane, e poi, ovunque, nel cambiamento che ha impresso a ogni gesto. Un cambiamento che ora si è interrotto, e lascia uno spazio difficile da riempire. Perché Francesco resta un pensiero, un’eredità viva, una malinconia gentile per chi osserva, racconta, spera nella Chiesa. Non altrettanto per chi dovrà guidarla. Chi guida, chi guiderà, salvo rare eccezioni, di Francesco, non ne può più. È comprensibile, umanamente. È stato un termine di paragone immenso, quasi insopportabile. Capace di mettere a nudo ogni distanza, ogni esitazione. Ogn...

Pigrizia ben camuffata

"È bello ciò che piace" Frase tipica degli ignoranti, perché la comprensione di una cosa universalmente "bella" richiede gli strumenti per capirla. Ciò che più piace è legato all'immediatezza. La classifica dei libri più venduti (senza nomi né polemica) rispecchia la pigrizia popolare. Stesso discorso vale per la musica, l'arte, ecc "È bello ciò che piace", giusto? Una perla di saggezza, perfetta per chi preferisce un tasto "mi piace" piuttosto che farsi esplodere il cervello con pensieri complessi. Perché impegnarsi, quando puoi farti trascinare dal fascino irresistibile del primo libro in classifica, tipo "Come essere felici mangiando senza masticare"? (Titolo inventato, spero vivamente non esista davvero). Nella musica: perché mai dovresti sforzarti di capire Chopin quando puoi goderti il ritmo ipnotico del "tormentone estivo", che non smetti di canticchiare nemmeno sotto la doccia? C'è qualcosa di speciale nel ...

La fatica del pensiero

Fuori dalle nostre case il mondo continua a bruciare. Una combustione lenta, quasi impercettibile, fatta più di logoramento che di deflagrazione. Intanto, convinti che basti il sarcasmo per opporsi al collasso.  Comprendere, d’altronde, è un’impresa faticosa: richiede tempo, dubbio, silenzio.  Offendere, invece, è un esercizio gratuito, immediato, rassicurante. Fa sentire nel giusto, senza mai esporsi al rischio di essere in torto. Eppure, di fronte alla rinnovata ascesa di Donald Trump, ciò che manca non è tanto la condanna quanto una domanda più onesta: perché accade? Perché milioni di cittadini, molti dei quali avevano già creduto in Biden, persino in Obama, oggi scelgono di tornare sotto la bandiera di colui che viene descritto come una minaccia alla democrazia stessa? Trump non è un accidente della storia, né un virus da debellare con l’indignazione. È piuttosto un sintomo, ingombrante, di una crisi più profonda: culturale, sociale, persino spirituale. La politica tradizi...

La pistola sul tavolo: il potere secondo Trump

L’atmosfera è tesa, carica di nervosismo e paura. E non è difficile capirne il motivo: miliardi sono stati polverizzati nel giro di poche ore. La domanda è legittima: perché l’amministrazione americana ha deciso un’accelerazione così violenta sui dazi, seguita da una ritirata altrettanto rapida? Due le interpretazioni possibili, entrambe plausibili. Da un lato, la pressione incrociata della finanza internazionale, che Trump ha spesso dichiarato di avere contro, e dei grandi gruppi tecnologici, che invece si sono allineati al suo fianco. Un patto implicito tra poteri opposti, un avvertimento chiaro: continuare su quella strada avrebbe condotto allo schianto. Dall’altro lato, l’ipotesi che Trump non abbia ascoltato nessuno, ma si sia semplicemente accorto dell’opportunità politica e personale offerta dal caos. Ha osservato la lunga fila fuori dalla porta della Casa Bianca: leader e emissari pronti a offrirgli qualsiasi cosa pur di evitare lo scontro. E ha scelto di trattare con la minacc...

Sicurezza di Stato o Stato d’Insicurezza?

Decreto sicurezza? È l’ennesima recita di un teatrino ormai logoro. Una barzelletta istituzionale che va in onda con cadenza semestrale, come le pulizie di primavera. Ogni governo — destre, sinistre, centrini, arcobaleni — ne tira fuori uno, convinto che basti un decreto-fuffa a trasformare il Paese in una roccaforte di legalità. Non ci crede più neanche chi li scrive, figurarsi chi li subisce. Ma il bello è che non si tratta nemmeno di sicurezza. Quella è un’altra cosa. Questa è rassicurazione. È il ciuccio emotivo per l’elettore impaurito: un contentino psicologico, un Valium legislativo. Ritocchiamo due pene, mettiamo qualche aggravante qua e là, così la gente ha l’illusione che lo Stato agisca. Nel frattempo, i reati veri — rapine, corruzione, mafia — scorrono tranquilli come un fiume in piena. E la cannabis? Davvero immaginiamo le forze dell’ordine mollare l’inseguimento dei narcos per mettersi a fare le ronde nei parchi a caccia di ragazzini con lo spinello? Ma quanti sono? Li vo...

Genitore 1 batte Padre e Madre 3 a 0: cronaca di una disfatta semantica

Ci siamo. È ufficiale. Dopo secoli di onorata carriera, “padre” e “madre” sono stati licenziati senza preavviso dalla carta d’identità elettronica. Troppo ingombranti, troppo biologici, troppo... veri. Al loro posto, la dizione magica, inclusiva, inodore e insapore: “genitore”. Più fluida dell’acqua distillata, più neutra della Svizzera, più vaga di una promessa elettorale. La decisione arriva nientemeno che dalla Corte di Cassazione, che con la sentenza n. 9216 ha archiviato il sogno nostalgico di Matteo Salvini, il quale – in un impeto di restaurazione lessicale degno del Congresso di Vienna – aveva riportato nel 2019 “padre” e “madre” nei documenti. Ricordate? Era l’epoca in cui si combattevano le élite globaliste con i moduli dell’anagrafe e i crocifissi negli asili. Tempi epici. Ma ora la realtà si è evoluta. O, meglio, è stata riscritta. Perché oggi non importa più chi ti ha generato, ma come ti identifichi nel labirinto burocratico del linguaggio inclusivo. Genitore 1 e Genitore...

Pensare è resistere

Ogni giorno, osservo il mondo da quella finestra che è la mia esistenza e vedo sempre lo stesso muro. Un muro che cresce, si alza, si erige con una precisione inquietante, costruito con mani esperte da chi teme l’individualità, da chi tenta di soffocare ogni scintilla di originalità, riducendo l’essere umano a un ingranaggio in una macchina ben oliata. È un muro solido, formato da stereotipi, convenzioni sociali, dogmi che intrappolano la mente e l’anima, cercando di riscrivere il nostro destino. Eppure, giorno dopo giorno, non posso fare a meno di sentire il bisogno di sfidarlo. Mi dicono che dovrei conformarmi, che dovrei abbracciare la praticità, la disciplina del successo che si misura in numeri e risultati tangibili. La società ha il volto soddisfatto di chi ha raggiunto l’apice, di chi ha scolpito il proprio corpo o costruito un impero pezzo dopo pezzo, attraverso metodi razionali e risultati facilmente quantificabili. Questi sono gli eroi che vengono celebrati, quelli che vengo...

Come imparare a far nulla (e amarlo)

"L'anno della lepre" di Arto Paasilinna è, senza ombra di dubbio, il manuale definitivo per chiunque desideri esplorare le meraviglie della noia esistenziale. Un capolavoro che ci trascina, senza troppi complimenti, in un abisso di malinconia nordica, in cui l’unica compagnia sarà quella delle lepri e del costante senso di inutilità della vita. La trama è così avvincente che rischia di togliervi il sonno: un uomo qualunque, stanco della vita moderna, decide di abbandonare tutto per vivere un anno nei boschi, come una lepre. Un progetto esistenziale che lascia tutti basiti, a meno che non siate appassionati di mindfulness estrema o nostalgici di Winnie the Pooh. Il protagonista, senza troppi preamboli, fugge dalla società e si rifugia in una capanna nel cuore della foresta. Qui, tra muschi e licheni, si dedica ad attività che definire stimolanti sarebbe un eufemismo: osservare le lepri. Un passatempo che risveglierà in voi il desiderio irrefrenabile di contemplare la verni...

Meloni da Trump: trattare in piedi, uscire piegati

La giornata di Donald Trump si è aperta con il solito tocco non da gentleman dell’Ottocento... se per “gentleman” intendiamo un giocatore di football. Nessun riguardo diplomatico, zero filtro verbale. Poi, come spesso accade con lui, la sceneggiatura vira bruscamente: da minacce a pioggia a una moratoria di 90 giorni sui dazi. Un gesto di clemenza, certo, ma solo per chi non risponde al nome di “Cina”. Nel frattempo, in Europa, ci si affanna a tenere la testa alta mentre ci si tasta la schiena per verificare quanto sia dritta davvero. Un ministro, con l’entusiasmo di un portavoce del cerimoniale, assicura che la premier italiana, prossima al faccia a faccia con il patriarca del protezionismo, manterrà la dignità eretta. Difficile, però, non notare l’ambiguità semantica della posizione suggerita, specie quando l’interlocutore d’oltreoceano utilizza espressioni da western da terza serata. Certo, l’annuncio della moratoria rende il viaggio diplomaticamente meno imbarazzante. Ma più che un...

Suffragette o Suffragati: lotta o scappatoia

Il femminismo non è solo una battaglia di genere; è una causa universale, che riguarda l’intera umanità e ogni individuo che crede in una società fondata sull’equità e sul rispetto. Fin dai suoi albori, il femminismo ha rappresentato una forza dirompente, una lotta necessaria per ridefinire i concetti di giustizia, libertà e dignità. Non si trattava di una battaglia per il potere, ma di un movimento per riconoscere i diritti, la voce e il valore della donna, ingiustamente esclusa da molti aspetti della vita sociale, culturale e politica. Ogni conquista femminista ha rappresentato un passo cruciale nella costruzione di una società più giusta e inclusiva, dove la differenza di genere non diventa una limitazione ma una ricchezza. Le prime radici del movimento femminista risalgono alla fine del XVIII secolo, con figure come Mary Wollstonecraft, la cui opera “A Vindication of the Rights of Woman” (1792) costituì uno dei primi manifesti femministi (lettura che consiglio, a tutti). Wollstonec...

DAZI : DIETROFRONT CON GRATTATA

Perché il Dietrofront?  Il Mercato Ha Avuto un Attacco di Panico La verità è semplice: Wall Street ha avuto il singhiozzo, e Trump, che pure ama fingersi sordo alle critiche, ha dovuto ammettere che "il mercato obbligazionario era instabile". Tradotto: i ricchi si sono spaventati, le aziende hanno strillato, e persino alcuni repubblicani hanno smesso di applaudire per chiedersi se, forse, stessero affondando tutti sulla stessa nave. L’inflazione minacciava di salire, le catene di approvvigionamento di spezzarsi, e il fantasma di una recessione globale ha fatto capolino. Così, con la stessa eleganza con cui un ubriaco cerca di uscire da un bar senza urtare i tavoli, Trump ha annunciato una "pausa strategica", presentandola come un capolavoro di negoziazione. Peccato che il vero capolavoro fosse stato evitare un crollo finanziario. Pressioni Politiche: Quando Anche gli Amici Ti Abbandonano I democratici hanno subito gridato alla follia, i repubblicani più smaliziati h...

I dazi di Trump? Combattiamoli

In brevissimo: LEVIAMO le autosanzioni alla Russia che fanno più male a noi che a Putin, ricominciamo a comprare il gas russo che ci costa molto meno e che è migliore, tiriamo giù le bollette e diamo ossigeno alle nostre imprese e alle nostre famiglie, riattiviamo i gasdotti Nord Stream bombardati e distrutti dai nostri cosiddetti alleati ucraini, RIAPRIAMOCI al mercato russo e poi facciamo accordi commerciali con i BRICS che rappresentano ormai il 41% del PIB mondiale a cominciare dalla Cina, RIATTIVIAMO la via della seta che la Meloni aveva frettolosamente chiuso per prendersi il bacetto sul capino da Biden e poi iniettiamo investimenti pubblici per sostenere non le armi ma le nostre industrie produttive a continuare a cominciare dall'automotive, il nostro welfare, l'unica risposta che Trump capisce nella sua lingua basata sui rapporti di forza è quella del vecchio Pertini, Ah BRIGANTE, brigante e mezzo, è così che si fanno gli interessi europei.

Come è nata la guerra in Ucraina?

In breve:  Per capire come si è arrivati alla guerra in Ucraina, dobbiamo partire dal 2014, e anche da prima. Nei primi anni 2000, l'Ucraina era un paese indipendente e neutrale, e voleva rimanere tale, senza schierarsi né con la Russia né con la NATO. Nel 2004, elegge presidente Viktor Janukovich, un uomo che, come molti ucraini, voleva mantenere la neutralità. Tuttavia, nel 2010, viene rieletto, anche se la situazione si complica, poiché gli Stati Uniti spingevano per l'ingresso dell'Ucraina nella NATO. Nel 2013, Janukovich si trova di fronte a una scelta difficile: l'Unione Europea gli offre un accordo commerciale che potrebbe avvicinare l'Ucraina all'Europa, mentre Putin propone un'unione economica con la Russia, la Bielorussia e il Kazakistan. Janukovich, pur interessato all'accordo con l'Europa, cede alla proposta russa, congelando la firma con Bruxelles. Questo atto scatena nuove proteste in piazza Maidan, supportate da forze filo-occidentali,...

Giorgia e I Suoi: Una Storia di Nepotismo e Tradizione

Giorgia Meloni ha fatto una promessa alla sua "famiglia tradizionale", quella che sta dietro il suo emblema. Lei è Giorgia, è donna, è madre, e quindi è ovvio che dovesse essere coerente. Solo che, ironia della sorte, la sua "famiglia" tradizionale è una caricatura della parola stessa. Dopo tutto, Giorgia ha avuto una figlia con un compagno mai sposato e, a quanto pare, ha fatto bene a non sposarlo, visto che l'ha poi cacciato di casa in diretta, davanti ai microfoni. Longanesi diceva che nel cuore del tricolore ci sarebbe dovuto stare un vero motto nazionale: "Tengo famiglia". Ma forse sarebbe più onesto dire: "Tengo famiglia... mia". Perché mentre il resto del paese si scanna per mantenere la facciata della tradizione, Giorgia sembra essere l'unica a "tenere famiglia" davvero. I suoi fedelissimi? Un po' meno. Meglio affidarsi ai parenti, no? Che in effetti sono una scelta saggia, visto il calibro dei suoi “fedelissimi”. Ar...

La questione israelo-palestinese

In breve: La striscia di Gaza è grossa un decimo della Valle d'Aosta, con due milioni e mezzo di palestinesi. La Cisgiordania ha due milioni e passa di palestinesi e 470 mila coloni ebraici, più 230 mila a Gerusalemme Est.  Israele, che è grosso come la Puglia, ha circa 10 milioni di abitanti, di cui sette e mezzo ebrei e due e mezzo palestinesi. Quindi immaginate quanto è importante in un territorio così piccolo, quasi sovrapposto, i due stati dovrebbero essere veramente due striscioline appiccicate, come è importante che i due popoli si fidino l'uno dell'altro, perché altrimenti se si temono o se si odiano, com'è la situazione di oggi, non lo accetteranno mai, non ci sarà nessuna intromissione dagli Stati Uniti che decide prendo Abu Mazen a 89 anni, l'ho paracaduto a Gaza e abbiamo risolto queste cazzate. Abu Mazen se lo mandano a Gaza lo fanno a fette in mezza giornata.  Il gatto in tangenziale dura di più. Fr.Ammenti

Zelensky stupefacente

 Zelensky è un po' come un ragazzo drogato a cui i genitori non hanno mai avuto il coraggio di dire che deve disintossicarsi e soprattutto non hanno mai avuto il coraggio di levargli la droga, per cui continuano a dargliela e lui continua a cullarsi in questa illusione della vittoria sulla Russia, sulla più grande potenza nucleare del mondo e quando finalmente trova qualcuno come Trump e Vance che gli dicono devi smettere di drogarti, noi ti leviamo la droga, succede quello che è successo nella sala ovale l'altro giorno.

II mondo ambidestro

Vannacci oggi sta al nostro tempo come Grillo stava all'Italia di 10-15 anni fa, ma con un grande ma: Grillo era qualcosa di davvero nuovo, un outsider che ha sfondato perché nessuno aveva il coraggio di dirlo. Vannacci invece è solo un altro che dice le solite cazzate, ripetendo quello che tanti altri già sparano da anni. Eppure, una parte di elettorato si fa piacere questa roba, come se la ripetizione diventasse verità. Ma non è così. Anche se gli applausi ci sono, le sue parole restano cazzate, niente di più. La differenza con Grillo è che quest'ultimo, come Berlusconi e Bossi, era un vero "rottamatore" nel senso che faceva saltare i vecchi schemi, mentre Vannacci si inserisce in un filone già trito e ritrito: quello della Meloni e di Salvini. Sono già in tanti a riempire quel campo, lui che si crede furbo è solo uno dei tanti che si infilano dove c'è successo. Se poi Salvini e Meloni vanno a picco, magari qualcuno si rivolgerà a Vannacci, ma non è che vedremo ...

Chi ha letto Pinocchio?

Tutti i giorni c'è qualcuno che dice che è tornato il fascismo, roba ridicola ovviamente, basta studiare che cos'era il fascismo per capire che era una cosa terribilmente seria, mentre questa è una cosa terribilmente comica quella che abbiamo adesso. Siamo seri ,dai, moriva la gente massacrata di botte dalle squadracce, c'era una cosa completamente diversa, c'era un'ideologia fortissima che nasceva dalla guerra, altra cosa seria,... gli Arditi del Popolo, i nazionalisti futuristi, ...ma cioè ma questi che ne sanno... non hanno neanche letto Pinocchio... Il contesto in cui nasce e attecchisce il fascismo era completamente diverso. Il contesto fa tutta la differenza del mondo. Chi mai oggi accetterebbe, oltretutto rimanendo all’interno della UE, dall’oggi al domani una presa di potere autoritaria? Sarebbero praticamente tutti contrari, se non anche spaventati. Perfino i simpatizzanti non approverebbero. Meglio minimizzare e agire un po’ per volte, spingere sempre un p...

Pacifinti putiniani

Sapete i veri Putiniani? I veri putiniani sono quelli che vogliono continuare la guerra lasciandola finire a chi la sta vincendo. I veri amici dell'Ucraina sono quelli che vogliono il negoziato per interromperla prima che sia troppo tardi. Quante balle ci hanno raccontato? Io sono un collezionista, quindi proverò a riepilogarle per capire come siamo arrivati fin qua. Ci hanno detto che la guerra era cominciata nel 2022, mentre era cominciata 8 anni prima. Hanno rimosso completamente 8 anni di guerra civile, un presidente neutralista eletto due volte e cacciato a furor di piazza due volte. Due accordi di Minsk traditi e l'autonomia del Donbas e il Cessate il fuoco violati. Ci hanno detto che c'è un aggressore e c'è un aggredito. Ora che ci sia un aggredito non c'è dubbio, è l'Ucraina. L'aggressore è Putin, sicuramente, ma ce n'è anche un altro di aggressore, quello lo dimenticano sempre: Stati Uniti e NATO che hanno usato l'Ucraina come una testa d...

I leader europei chiedono più armi ma i cittadini sono in disaccordo!?!?

La scena politica europea, sempre più interessante. Da quando Trump ha avviato i negoziati di pace tra Russia e Ucraina, i nostri cari governanti europei hanno deciso che la soluzione migliore per tutti è armarsi fino ai denti e prolungare la guerra. I cittadini? Beh, quelli non si arrendono: vogliono meno armi, niente guerra, più negoziati, più cooperazione, più welfare. Ma che importa. Li minacciano di non votare più, ma chi li ascolta? Nel frattempo, Ursula von der Leyen ha avuto un'illuminazione: cambiare il nome a "Rearm Europe", trasformandolo in "Readiness 2030". Che sia un segno di speranza? Beh, no, si tratta solo di dirci che siamo pronti… nel 2030. Se Putin vuole invaderci, basta che aspetti cinque anni, giusto? Nel frattempo, le truppe che si stanno preparando non sono più "truppe di guerra", ma un "contingente di rassicurazione". Ma chi mai si sentirà rassicurato da una mossa del genere? Veniamo agli argomenti più "solidi...

Globalizzazione: La Morte Che Non Sapevamo Di Avere

 Il grande amore della globalizzazione, quella favola che ci hanno venduto come la nostra epica finale, è stato ufficialmente dichiarato morto ieri. E, come ogni morte che si rispetti, l'annuncio è stato solenne, quasi teatrale, con tanto di cerimonia e discorsi funebri. L'epilogo? I dazi di Donald Trump, la ciliegina sulla torta. Un colpo di grazia che ha colpito il sogno (o incubo, dipende sempre dalla narrazione) del mercato globale, che si stava lentamente sprofondando sotto tonnellate di protezionismo, nazionalismo e politiche economiche da mercatino medievale. Chi ha mai detto che la fine di tutto ciò fosse davvero inevitabile? Forse è solo una fiaba raccontata da chi si annoia e ha bisogno di un po' di dramma. Perché, in fondo, la morte della globalizzazione somiglia molto a quella di un vecchio amico che, purtroppo, non si sa mai se va via o se sta semplicemente facendo una lunga pausa. E, mentre ci si chiede se stiamo piangendo un addio o solo una lunga disintossic...

Sospeso tra una gravidanza annunciata,...e la fine dell'incubo

Grazie anche a M.F. per l'ispirazione  Il grande amore della globalizzazione, quell'illusione che ci avevano venduto come destino universale, è stato formalmente dichiarato morto ieri, in una cerimonia tanto solenne quanto improbabile. E, come ogni morte che si rispetti, non poteva mancare l'annuncio pomposo: i dazi di Donald Trump, con la precisione di un colpo di grazia, hanno sancito la fine del sogno (o incubo, dipende sempre da chi racconta) di un mercato globale che si stava lentamente seppellendo sotto una valanga di protezionismo, nazionalismo e politiche economiche degne di una fiera medievale. Ma, udite udite, la sorpresa: chi ha detto che fosse davvero la fine di tutto ciò? Forse è solo una favola raccontata da qualcuno che ha bisogno di sentire il brivido del dramma. Perché, in fondo, la morte della globalizzazione somiglia più a quella di un vecchio amico che se ne va, un addio annunciato ma che tutti sanno non sarà mai definitivo. È una previsione fatta con qu...

Il "Gioco" dell'Intellettuale e il Lettore da Gabinetto

Nel mondo contemporaneo, Il Pendolo di Foucault di Umberto Eco è una delle opere più provocatorie e profonde, un’opera che non solo gioca con le menti degli intellettuali, ma si interroga anche sul valore stesso della conoscenza e su quanto, nel nostro desiderio di verità, siamo disposti ad accettare ciò che è costruito ad arte. L'intento di Eco, come spesso accade nei suoi romanzi, non è solo quello di raccontare una storia, ma di esplorare le modalità attraverso cui creiamo significati, ordinamenti e gerarchie nella nostra esistenza. Tuttavia, se letto in un contesto del tutto ordinario e quasi banale – come quello di un lettore che lo affronta distrattamente seduto su un WC – il romanzo acquista una dimensione paradossale. La filosofia e il mistero si mescolano alla banalità della quotidianità in un gioco ironico che dimostra quanto le grandi opere possano essere travisate, distorte e ridotte a mero intrattenimento. La lettura di Il Pendolo di Foucault, in quest'ottica, si t...